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UNA GRANDE TRADIZIONE

vecchi vivaisti

da generazioni operiamo nel settore e dagli anni '60 ci siamo specializzati nella produzione di barbatelle.

«L'amore per la terra, la competenza e la dedizione al lavoro della nostra famiglia ci ha permesso di superare le difficoltà, presentandoci oggi come una realtà dinamica in forte espansione e aperta alle innovazioni tecnologiche»

I Vivai Giovannini Romano sono un'azienda a totale conduzione familiare, situata nella Piana Rotaliana patria del Teroldego, che dà il nome D.O.C. allo stesso Teroldego Rotaliano.

La nostra azienda da generazioni coltiva la vite e dagli anni '60 si è specializzata nella produzione di barbatelle innestate altamente selezionate sia certificate che standard.

Momenti difficili hanno caratterizzato l'azienda come l'incendio del 1997 il quale ha distrutto quasi totalmente strutture e attrezzature. Ma l'amore per la terra, la competenza e la dedizione al lavoro della nostra famiglia ci ha permesso di superare le difficoltà, presentandoci oggi come una realtà dinamica in forte espansione e aperta alle innovazioni tecnologiche.

Le nuove strutture e attrezzature d'avanguardia fanno sì che l'azienda possa mantenere la massima qualità del suo prodotto. La grandezza media dell'azienda (circa 1.500.000 innesti annui) permette un controllo attento in ogni fase della lavorazione e una maggior cura sul materiale prodotto grazie alla consapevolezza del ruolo che la Barbatella ricopre sul risultato enologico finale.

Seguiamo personalmente con attenzione il rapporto con i clienti, fornendo consigli tecnici su varietà e portainnesti.

La nostra azienda è inoltre disponibile per la moltiplicazione di materiali forniti e selezionati dalle singole attività, collaborando con esse mediante un'adeguata verifica sanitaria nella fase estiva e prevendemmiale con eventuale test "ELISA" eseguito da laboratori specializzati per verificare l'eventuale presenza di virosi.

Innesti di barbatella di vite paraffinati

Desideriamo dialogare con gli enologi, partendo dal presupposto che l'obiettivo finale è un progetto VINO (il bicchiere è l'unico giudice finale del nostro lavoro), per dare loro un servizio mirato a seconda delle esigenze che ci vengono trasmesse, siano esse specificatamente tecniche o di indirizzo aziendale.

« Garantiamo l'eventuale moltiplicazione dei biotipi che ci vengono segnalati in assoluta esclusiva e riservatezza senza approfittare del patrimonio genetico individuato »

 

Seguiamo l'andamento del futuro vigneto arricchito di una biodiversità che potrà dare vini più complessi. 

Valutiamo il risultato enologico per apprezzare il lavoro svolto e trovare stimoli di miglioramento.

Targa Miva, pioniere del vivaismo viticolo italiano a Romano Giovannini

LA STORIA DELLA BARBATELLA TRENTINA

immagine descrittiva barbatella

L’avvio dell’attività vivaistica viticola in Trentino risale ai primi anni del secolo scorso.
Nacque come risposta alla
fillossera, la malattia che distruggeva le viti, e per la quale non si riusciva a trovare un sistema di lotta.
Fu nel 1901 che i vigneti trentini cominciarono ad essere infettati dall’afide della fillossera e fu in quella fase d’emergenza che l’
Istituto agrario di S.Michele svolse un ruolo centrale per uscire dalla drammatica situazione in cui si trovava la viticoltura trentina.

L’Istituto agrario «riuscì a precedere sia i tempi che gli eventi, portando avanti l’idea che l’unico mezzo sicuro per salvare la viticoltura consisteva nella ricostituzione completa dei vigneti su soggetto americano resistente». Da qui l’avvio dell’attività vivaistica dell’Istituto. Ben presto ci si rese conto che le barbatelle prodotte dallo stesso erano insufficienti per coprire la domanda, o meglio l’esigenza manifestata dai viticoltori trentini.
Soddisfare la domanda di
barbatelle innestate non era quindi solo una semplice questione commerciale, bensì là risoluzione definitiva per l’invasione filosserica manifestatasi. L’impegno fu enorme ma contribuì al rafforzamento della viticoltura che a vent’anni dalla fine della prima guerra mondiale, raggiunse la superficie di 15.000 ettari contro i meno di 10.000 attuali.

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