Uva Rara
Anche per l'"Uva Rara" (come per la "Vespolina" o "Uvetta") possiamo dire che è uno dei vitigni che hanno una sinonimia più complicata e discutibile. Se il nome di "Uva Rara" è comune in provincia di Pavia (specialmente nell'Oltrepò pavese), in provincia di Novara (dove oggi è, insieme con la "Creatina", uno dei due vitigni più diffusi e coltivati nella parte collinare) lo si chiama più comunemente "Bonarda" e lo stesso dicasi per la zona collinare della prov. di Vercelli (che, come è noto, fino a non molti anni fa era tutt'uno con la prov. di Novara). Ora, già il di Rovasenda nel suo aureo Saggio annotava: ""Uva rara" - Voghera - identica alla "Bonarda" di Gattinara e Cavaglià. Non la direi "Bonarda"; preferisco il nome di "Uva rara", com'è realmente il suo grappolo". Già qualche anno prima (1873) lo stesso di Rovasenda, in un'ampia, interessante monografia su la "Bonarda nera", poneva bene in evidenza le sostanziali differenze fra questo vitigno e quello che noi consideriamo la vera "Bonarda", diffusa da tempo fra i colli di Torino e quelli dell'Astigiano e del Monferrato. Egli però propendeva allora per chiamare quella novarese col nome di "Balsamea", sotto il quale egli l'aveva ricevuta da varie fonti (fra cui dall'Odart!). Aggiungeva che riteneva che ad essa si dovessero riferire le descrizioni della "Bonarda" fatte dal Prof. Milano per le uve biellesi, e dal Dott. Gatta per quelle di Ivrea. Oggi, noi non possiamo che sottoscrivere pienamente alla opinione espressa dal grande ampelografo dell'Ottocento circa l'identità dell'"Uva rara" con questa pseudo "Bonarda". Un altro insigne ampelografo, il Molon, nella sua Ampelografia, preferì invece descrivere questo vitigno sotto il nome di "Bonarda di Gattinara", pur citando, come primo dei suoi vari sinonimi, quello di "Uva rara" (Voghera). Fra gli altri sinonimi (o nomi errati) egli ricorda i seguenti: "Rairon" (Casteggio) e "Rairone" (Groppello), che evidentemente sono varianti di "Uva rara"; "Martellana" (Stradella), "Oriola", tuttora usato nella zona di Borgomanero (con le varianti di "Oriana" e "Orianella"), "Foglia lucente" (sul Lago di Como); "Balsamina nera" o "Balsamea": nomi talora erroneamente attribuitile nel Novarese e altrove; "Raplum" (grappolone), talora usato ad Oleggio. Quest'ultimo nome è però anche attribuito alla "Durasa di Mezzomerico", che è tutt'altra cosa. L'erronea sinonimia di "Balsamina nera", che è ricordata anche da Mas et Pulliat nel loro Vignoble, è forse dovuta ad una supposizione dell'Incisa, che, nominando la "Balsamina nera del Piemonte", aveva detto che "potrebbe essere la "Bonarda di Gattinara"". Però più tardi lo stesso Pulliat, nelle sue "Mille variétés de vignes" descrisse i due vitigni ("Balsamina" e "Uva rara") come indipendenti fra loro. Comunque, il Molon adottò il nome di "Bonarda di Gattinara", aggiungendo che potrebbe anche accettarsi quello di "Bonarda novarese". Sotto il nome di "Bonarda" senz'altre aggiunte, questo vitigno è stato accuratamente descritto fra i vitigni novaresi (e tale descrizione è stata letteralmente riportata dal Molon) nel Bollettino Ampelografico del 1879 in un'ampia relazione, presentata dallo stesso di Rovasenda, sui lavori della Commissione ampelografica della prov. di Novara; mentre in un Elenco dei vitigni della prov. di Pavia (comune per comune), pubblicato nello stesso Bollettino Ampelografico del 1881 figura talora sotto il nome di "Bonarda", tal'altra sotto quello di "Rara" o "Rairone". In un Catalogo ragionato di una Mostra d'uve tenuta in Como nell'ottobre 1890 per cura di quella Commissione Ampelografica provinciale esso figura come "Uva rara" (con sinon. di "Bonarda") nel Circondario di Varese, "Bonarda di Gattinara, Orianella, Balsamina" in alcuni paesi del Novarese. E potremmo continuare nelle citazioni per dimostrare quanto questi due nomi d'"Uva rara" e di "Bonarda" siano stati e vengano tuttora largamente usati per indicare lo stesso vitigno. Ma poiché il nome di "Bonarda" è già attribuito a svariati vitigni, più o meno analoghi fra loro, non sembra giustificato adottarlo anche per questo, che dalla vera Bonarda si differenzia nettamente. Concludendo: noi riteniamo che il nome legittimo di questo vitigno debba essere quello di "Uva rara", che se si volesse conservare il sinonimo di "Bonarda" (Novarese o di Gattinara o di Cavaglià) bisognerebbe però, a scanso di equivoci, aggiungere l'aggettivo "falsa"... (il che probabilmente non suonerebbe gradito a coloro che l'hanno usato finora).
Caratteristiche ed Attitudini colturali
Vigoria: notevole, senza però carattere di eccezionalità. Richiede potatura lunga ed abbastanza ricca. E' adatta per sistemi di allevamento espansi quali vengono tradizionalmente praticati nelle zone viticole considerate; sistemi che, per altro, sono suscettibili di perfezionamenti o di radicali sostituzioni.
Produzione: nelle zone viticole delle provincie di Novara e Vercelli, i pratici fanno distinzione tra due sottovarietà di questo vitigno: l'una a gemme bene sviluppate e sporgenti, l'altra con caratteri opposti (detta localmente "a gemme corte"); ed eliminano accuratamente la seconda, come meno produttiva. Probabilmente per effetto di tale continua selezione, oltre che per condizioni d'ambiente particolarmente favorevoli, nelle suddette provincie la produttività dell' "Uva rara" è regolare e discretamente abbondante. In provincia di Pavia si lamenta invece una produzione di solito meno che normale, a causa della colatura, che è così frequente ed accentuata da rendere i grappoli eccessivamente spargoli. Nell'Oltrepò pavese, pertanto, converrebbe - poiché il vitigno è pregevole - impostare una accurata selezione, anche eventualmente con importazione di marze dalla provincia di Novara.
Posizione del primo germoglio fruttifero: sul secondo o terzo nodo (anche sul primo, nel clone pavese).
Numero medio di infiorescenze per germoglio: per lo più due; abbastanza sovente anche tre.
Fertilità delle femminelle: saltuaria, ma senza importanza pratica.
Resistenza alle avversità: ha resistenza normale alla peronospora, scarsa all'oidio. Va soggetta (specialmente nelle primavere piovose e fredde) alla colatura dei fiori; inconveniente, però, che - come s'è detto - è assai più lamentato nella zona viticola pavese che non in quella novarese-vercellese. Resiste abbastanza bene alle percosse della grandine (rimargina senza marcire) ed al marciume dell'uva, anche in fruttaio.
Comportamento rispetto alla moltiplicazione per innesto: l'attecchimento per innesto e l'affinità coi portinnesti americani appaiono in generale buoni, non ottimi. I portinnesti più usati sono attualmente il Kober 5 BB ed il 420/A. Nel Novarese si ricorre ancora al 3309 ed al 101/14, mentre la Rupestris du Lot (già assai usata per questo ed altri vitigni) è in abbandono.
Utilizzazione
L'"Uva rara", vinificata da sola, dà un vino da pasto discretamente alcoolico, di poco colore e di relativamente scarsa acidità, con profumo caratteristico gradevole. Praticamente, tuttavia, nel Novarese-Vercellese questo vino viene preparato solo in piccoli quantitativi per uso familiare, e nell'Oltrepò pavese, dopo aver tentato - con l'"Uva rara" - la confezione di vini rosati, vi si rinunciò, avendo ottenuto prodotti troppo scialbi, per scarsezza di acidità e di tannino. Normalmente la vinificazione di quest'uva viene fatta in mescolanze, con quelle di altri vitigni e in proporzioni solo di rado preventivamente stabilite.
ROSSE VINO